Poesia

La personalità di Nishida può intendersi come una mirabile fusione tra la sua origine nipponica e l’apprendimento dell’arte europea avvenuto attraverso gli studi effettuati in Italia preso l’Accademia di Brera.
Come sia entrata l’Europa nello spirito e nell’arte di Fujio e come abbia potuto penetrarlo così tanto profondamente, resta un mistero: di quei misteri e alchimie che nella vita di ognuno possono verificarsi, quand’anche si verificano, davvero raramente.
Fujio è e rimane un nipponico di tradizione, di impianto educazionale e di impatto emotivo, e di levità e delicatezza di esposizione e di rivelazione.
Fujio entra nel mondo degli altri con la stessa levità di un soffio, di un battito d’ali, ma poi vi irrompe con forza e potenza di espressione non lasciando indifferenti coloro che lo incontrano nella vita come nell’arte. A volte la sua delicatezza diventa trascinante verso un universo mai algido, ma piuttosto fatto di emozioni forti e tenaci che si fissano dentro l’anima con la stessa tenacia della personalità dell’artista.
L’arte di Fujio si ricollega alla migliore tradizione pittorica figurativa segnata dagli studi e dalle esperienze percettive tutte italiane. Non a caso egli non ha mai abbandonato i colori ad olio per gli acrilici, rimanendo saldamente attaccato alla tradizione .
Ma la sua arte ha qualcosa di speciale anche nella riproduzione fedele, quasi “maniacale” della realtà: qui non si tratta solo e più di una riproduzione della realtà, si tratta piuttosto di un rapporto intimo e profondo con l’oggetto riprodotto.
Fujio dipinge le sue nature morte dal vero, creando cioè la composizione degli oggetti nel suo studio in maniera tradizionale e non attraverso il mezzo fotografico. Afferma senza incertezze che il momento più importante della sua creazione è quello in cui egli “forma” la composizione sul tavolo da lavoro.
In quel momento di massima concentrazione egli estrinseca totalmente la sua anima; si tratta per lui di seguire un “cerimoniale” quasi paragonabile alla cerimonia del the che i giapponesi tutt’ora praticano e dove azione e misticismo convergono in un solo momento: il pensiero mistico si confonde con l’atto manuale e quest’ultimo si riempie di misticismo.
In tal modo egli “vive” la composizione e soprattutto gli oggetti che la compongono; instaura con essi un rapporto spirituale e intellettivo che si dipana e si sviluppa giorno per giorno in maniera sempre più intensa e intima. Egli “penetra” quegli oggetti fornendo loro il proprio spirito, dando loro una vita interiore che non è altro che la sua stessa spiritualità ricca di silenzio meditativo e di loquacità tutta intimistica.
L’oggetto viene “soggettivizzato”, diventa ”soggetto”, viene umanizzato e animato, attraverso un rapporto spirituale e intellettuale con l’artista, con la sua anima e con la sua stessa spiritualità.
La natura morta diventa “viva”, vibrante, pulsante di vita propria; si stacca dalla tela e viene incontro a chi la osserva in un desiderio di contatto umanizzato, in cerca di un rapporto di sentimenti e di uno scambio di spiritualità con lo spettatore. Una relazione viva tra l’oggetto che si fa soggetto e il soggetto che lo osserva.
Fujio ottiene così una trasposizione di spiritualità, un trasferimento di sentimenti, uno scambio intellettuale e spirituale con lo spettatore mediato dallo stesso oggetto riprodotto: attraverso l’oggetto che ha avuto con l’artista un rapporto spirituale, l’artista profonde la propria spiritualità in chi guarda l’opera; crea magicamente uno scambio di energia spirituale ed intellettiva con lo spettatore.
Gli oggetti di Nishida che siano fiori, frutti, gomitoli di lana, palline da tennis appaiono “sospesi” nel vuoto, sembrano fluttuare, navigare in una materia che non è fluida e non è neanche aerea: è una materia fatta di puro colore a volte denso e pieno nei fondi, a volte fluido come se anche il colore fosse in movimento. A volte sogni, ombre, presenze totalmente astratte si innestano sulla tela attraverso ulteriori interventi coloristici che sembrano quasi acquerellati, ma che danno il senso di presenze oniriche come nell’opera “senza titolo” del 2003 o “Aprile” del 2003 in cui sul fondo chiaro si innestano presenze evanescenti di colore sbiancato, o nell’opera “gomitoli” del 2005 dove su fondo scuro appaiono forme indefinite e indefinibili di colore più chiaro che non indulgono a banali cedimenti accattivanti di tono figurativo, ma che invece si fondono in un insieme di grande bilanciamento e di puntuale e abilissimo dosaggio di figurazione ed astrazione insieme, fatto di puro colore e con il colore. Un colore elegante che rimanda al sogno; l’oggetto fluttua in un universo onirico, anzi vi viene sospeso; è come una apparizione che poi sembra dover improvvisamente svanire nel nulla; una apparizione che la mano vorrebbe catturare inutilmente, ma che la mente invece riesce a catturare per sempre, quasi un messaggio subliminale che rimane impresso nel subconscio infinitamente.Questa è l’opera di Fujio, ma è soprattutto l’uomo Fujio anche nella vita: una persona che sembra sfuggire alla facile cattura e alla facile comprensione, ma che una volta conosciuta e penetrata, rimane impressa nell’anima per sempre.