Fil rouge
Un filo sottile di lana rossa che unisce una mano femminile con una maschile : è con questa immagine intensa e potente che Antonella Masetti Lucarella si è voluta presentare al pubblico partenopeo con una mostra sostanzialmente incentrata sui sentimenti.
Il filo di per sé contiene un’immagine che non può prescindere dall’unione di due estremità; filo reale o simbolico che sia, terreno o divino, immaginario ,metaforico, è pur sempre un qualcosa che unisce, allaccia, connette.
In Masetti Lucarella i “fil rouge” sono tanti: vi è un fil rouge con la tradizione pittorica italiana che va dai leonardeschi sfondi paesaggistici appena accennati delle opere prime,fino ai volumi dei corpi che alludono più che alla potenza della massa corporea di un Michelangelo, al sofisticato intellettualismo di un Piero della Francesca o di un Bronzino.
La tradizione pittorica italiana che va dall’Umanesimo al Manierismo è stata tutta assorbita e poi riversata sulle sue tele che anche nel colore confermano l’accento di una italianità “di tradizione”.
Alcuni toni di colore caldi e quasi languidi, le velature, lo sfumato, sono tutti bagaglio incontestabile di una scuola pittorica tutta “italiana”. Masetti Lucarella è assolutamente un’artista italiana, legata al calore della sua terra d’origine, la Puglia, ma attenta all’intellettualità più internazionale della sua città di adozione, Milano.
Nulla sfugge all’artista che porta in sé una mirabile capacità di ricezione di tutto ciò con cui viene a contatto. Nulla che la sfiori la lascia indifferente e tutta questa serie di emozioni, sentimenti, esperienze del vivere sono irrimediabilmente riversate in pittura: l’unico mezzo espressivo che ella conosce.
E così il fil rouge passa dalla tradizione all’attualità, alla contemporaneità della nostra esistenza.
Giungiamo così all’adesso, all’oggi, al subito, e forse anche al domani.
Nella caratterizzazione dei personaggi, nella colorazione, nell’impianto scenico, tutto diventa vivo, attuale, contemporaneo.
Le sue donne sono calate nella vita di tutti i giorni, di oggi, di ora; non vi è in esse nessun banale e vuoto sentimentalismo, ma sentimenti pulsanti: esse soffrono, ridono, partecipano, lottano.
Queste donne, a cui parte della sua intera produzione è offerta e dedicata, sono delle guerriere ammantate di dolcezza; in loro vi è a volte complicità, ma vi è anche sfida, consapevolezza di sé e del potere che possiedono; esse non si assoggettano facilmente a nulla se non a ciò o a chi decidono di assoggettarsi:
è una questione di scelta, di libero arbitrio e mai di imposizione.
Ed esse tessono nella loro vita (come nella vita di ognuno di noi ) migliaia di fil rouge .
Una rete immensa di fili di connessione, un intreccio fatto non solo di relazioni, ma soprattutto di sentimenti: verso i figli, verso i compagni, verso i genitori, gli amici, i conoscenti e così via ad intrecciare sempre di più la propria vita in un intrico inestricabile di emozioni ed esperienze.
Perché questo è il senso del vivere che Masetti ha sperimentato innanzitutto su se stessa senza mai risparmiarsi e che riproduce in queste tele di grande, immenso impatto emotivo e passionale.
Per dirci infine che è con la passione che si vive.
L’universo femminile è finalmente guardato e descritto dal di dentro, senza superfetazioni intellettualistico/ femministe. Le donne della Masetti non hanno bisogno di mostrare, di atteggiarsi o di impersonare un ruolo: le sue donne “sono” e “sanno”, vale a dire sono consapevoli della propria esistenza e della propria interiorità.
Anche in ciò vi è un fil rouge che la lega alle grandi artiste del passato e del presente che non hanno mai raffigurato una donna “perdente”, da Artemisia Gentileschi a Shirin Neshat, da Tamara de Lempichka a Vanessa Beecroft. Una cosa è la condanna di una condizione femminile di disagio e di assoggettamento, altra cosa è l’accettazione passiva di tale condizione.
Ancora, il suo fil rouge si dipana e rimanda piuttosto alla pittura introspettiva del primo ‘900 italiano dove i personaggi più che pirandellianamente “in cerca di autore”, già guardavano con Donghi alla propria esistenza interiore. E’, la sua, una figurazione “alta”,colta, intellettualmente sottile e sofisticata, anche a volte, di difficile lettura come tutta la grande figurazione del passato che cela, nascosti tra le righe, messaggi comprensibili solo a pochi eletti a fronte di una falsa, apparente comprensibilità della scena.
Non vi è alcuna leziosità manieristica nelle sue scene; l’abbattimento degli sfondi, la loro totale eliminazione, sostituita da un colore basico unico e piatto ma vibrante al tempo stesso, segna la decontestualizzazione e la atemporalità della scena, marca la volontà di significare una universalità di quei sentimenti che pulsano in quei tratti del viso, in quelle rughe,in quelle mani, in quei corpi .
Quei movimenti del pettinarsi, sorbire un caffè o leggere un libro sono atemporali perché universali.
Vi è in queste donne una consapevolezza di sé che pare pienamente raggiunta.
Una grande epopea della classe borghese, (perché tali sono questi personaggi) , che anziché andare verso l’autodistruzione, cerca all’interno di se stessa, nella propria interiorità esistenziale e sentimentale la vera via d’uscita.
Da ultimo il nuovo fil rouge della Masetti Lucarella è piuttosto un suo desiderio esplorato da tempo, ma rimasto nel cassetto fino alla recente “esplosione”: il filo che lega l’arte figurativa a quella astratta per la prima volta presentata dalla Masetti Lucarella in una sua personale.
Incredibilmente la matericità delle tele astratte, l’impasto di materia applicata, che non è fatta solo di puro colore, ma che contiene anche elementi naturali come terra, ghiaia, polvere di roccia, non è altro che espressione della passionalità del vivere che si ritrova nelle sue figure; la colorazione che le permea, sempre calda e morbida, è il medesimo segno distintivo personalissimo dell’artista figurativa: quello di una sensualità che è per l’artista fondamentale espressione di passione e di vita; nelle sue tele, figurative o astratte che siano, l’elemento portante è l’Eros: quel quid inafferrabile che determina il passo; quello che conduce l’azione, sia gestuale dell’artista sulla tela, sia metaforico dei suoi personaggi : è Eros puro l’unico elemento, il substrato reale che alla fine risulta vincente.