FLUXUS
Quarta mostra di Coppeta ispirata dall’opera di Italo Calvino: “Le città invisibili”.
Le precedenti mostre ispirate all’opera di Calvino si sono svolte a Salerno, Avellino e Lancaster(CA).
Tutte le mostre sono state elaborate attraverso l’incontro con la performer e artista Margherita Peluso.
Cosa sono queste “città” di Coppeta cui l’artista dedica un intero corpus di opere e un massiccio sforzo di produzione?
Afferma l’artista: “La mia riflessione sul tessuto urbano nasce nel 2001 con il progetto multimediale “Pavimentazione sensibile / Duty Free”, per poi diventare opera con le “Città vuote” esposte al Museo Moha a Lancaster(California) nel 2017. Sarà determinante l’incontro artistico con la performer Margherita Peluso per unire la materia fisica delle opere, all’azione performativa che sfocerà in una serie di eventi, che sfuggono a qualsiasi etichetta convenzionale.
L’esplorazione di questo linguaggio narrativo che trae ispirazione dal romanzo “Le città invisibili” di Italo Calvino, trova ben presto strade inedite e suggestioni profonde mettendo in dialogo e relazione le opere con l’azione del corpo: pittura, scultura, istallazione, musica, recitazione, performance diventano un flusso unico di una duplice regia.”
Più che elementi di staticità del vissuto queste città sono elementi di dinamicità, di trasformazione, di modifica interiore : modifica del presente carico di un passato anch’esso in trasformazione. La memoria del passato (come afferma Calvino), già di per sé trasformata, trasforma il presente e il futuro. Più che città strutturate esse rappresentano per Coppeta un viaggio intorno all’uomo e alla sua esistenza sul pianeta Terra.
Non solo un viaggio fatto di quotidianità del vivere, ma un viaggio che, attingendo nel passato personale o collettivo, si proietta nel futuro dell’uomo e della sua esistenza.
Coppeta “racconta” una sua storia tra il surreale e il metafisico dedicata alle città, ai suoi abitanti, a quel flusso di vita che si dipana e si condensa all’interno di questi strani assembramenti di umanità.
L’intera mostra può suddividersi in capitoli che parlano di flussi, di tensioni e di trasformazioni.
Fluxus
* Su ispirazione del testo “Le città e il cielo 3.” – Tecla pag.124
L’opera che ha dato origine al titolo della mostra è costituita da un intreccio contorto di tubolari di plexiglas trasparente interrotti e deviati da giunti di materiale sintetico nero. Flusso come flusso di liquidi, di tempo, di umanità in movimento , in transumanza che, attraverso questo dislocamento, acquisisce nuova identità, si modifica, muta. Afferma l’artista: “È come l’acqua in un letto di un fiume, che se da un lato segue il percorso tracciato dall’altro crea nuove diramazioni e vie di fuga.”
Il flusso continuo di materia che viaggia viene talvolta strozzato, impedito, deviato, ma mai interrotto. Lo scorrimento viene soltanto deviato ed ogni deviazione coincide con un cambiamento; ogni strozzatura rappresenta una trasformazione. Il giunto di deviazione, sottolineato nell’opera da materiale di colorazione nera, è lì ad indicare la potenza e la violenza della deviazione o della strozzatura: analogamente e purtroppo, nella storia dell’umanità, intervengono e funzionano le guerre che producono milioni di morti e che determinano inesorabili cambiamenti non solo di assetti socio-politici, ma anche di modi di pensare e di comportamento. Modifica dunque: i punti di giuntura, le strozzature di flusso sono deviazioni atte a costruire nuovi percorsi . “ …gli ostacoli deviano , definiscono e costruiscono tanto la natura, quanto le relazioni umane” (Coppeta) .
Ma il Tempo, la Storia procedono nel loro inesorabile ed inarrestabile avvicendarsi in un flusso che sebbene modificato, appare uguale a se stesso ed in fin dei conti di per sé non muta: il flusso è un concetto metafisico che contiene in sé trasformazione e modifica.
“Senza deviazioni il flusso vitale sarebbe una linea retta e senza nessuna storia. Bloccare un flusso vuol dire verificarne la capacità evolutiva e di adattamento.” (Coppeta)
Curve di tensione
Un filo sottile viene teso tra due estremità di un arco in tensione e supporta gocce di materiale sintetico trasparente. Dicotomia tra forza e leggerezza rese visibili da un’opera che si pone a metà strada tra scienza e arte.
La scienza parla di forze di tensione e l’arte parla della leggerezza e della trasparenza dell’essere posizionato tra forze contrastanti e antitetiche.
Gli archi rappresentano la tensione vitale in tutte le sue espressioni e non ultima la tensione dei rapporti interpersonali e sociali.
La corda tesa è il punto su cui l’essere si posiziona nel corso della sua esistenza in bilico tra forze opposte, in equilibrio sempre precario e mai stabile , ma in movimento di tensione.
Rilessi e deformi
* Su ispirazione del testo “Le città e gli scambi 4.” – Ersilia pag.74
Su ispirazione del testo “Le città e il cielo 3.” – Tecla pag.124
“A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono
dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se
segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili
sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case
vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili. (…)”
(Le città e gli scambi)
“Chi arriva a Tecla, poco vede della città, dietro gli steccati di tavole, …..le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi… le scale a pioli, i tralicci…….. Perché la costruzione di Tecla continua così a lungo? gli abitanti – …..Perchè non cominci la distruzione – rispondono. (da Italo Calvino: Le città invisibili: Le città e il cielo 3) .
Un costruire perenne, il senso di trasformazione continua che caratterizza l’essere umano. Quindi non solo il flusso continuo della diaspora umana, ma anche una modalità di modificazione della realtà interiore ed esteriore dell’essere umano e di ciò che lo circonda.
I cubi di metacrilato contengono piani deformati di materiale riflettente tensionato e attraversato da corde elastiche che ne sottolineano la tensione.
Opera con un apparente accento strutturale che viene però sconquassato da due elementi : la riflessione della luce e del contesto data da un materiale specchiante e la ondulazione data allo stesso materiale a sottolinearne la deformazione.
Osserva Coppeta:
“Riflessi e deformi si ispira alla proprietà dell’acqua e dei liquidi di ingrandire oggetti immersi in essa a causa della differenza dell’indice di rifrazione. Questa indagine è una metafora sul nostro sguardo che diventa attento solo quando la dimensione e la distorsione superano i parametri della normalità, intesa come visione del mondo così come crediamo di conoscerlo.”
Ma anche un’opera afferente a due “concetti” del divenire: riflessione e distorsione. Le corde elastiche che sottendono e circondano i piani distorti rafforzano l’idea di impalcature precarie ma definitive : le impalcature mutanti dei rapporti umani in perenne modificazione……la città di Calvino in continua costruzione.
Sebbene la forma del cubo che serve da contenitore appare come un supporto stabile e solido, all’interno di esso la città con la sua umanità si pone come in perenne movimento, metamorfosi e trasformazione e le tensioni appaiono evidenti in tutta la precarietà dell’assetto generale.
“La deformazione della materia si fa portatrice di un messaggio positivo dove la bellezza trova nuovi canoni estetico / emotivi. Le corde, che tendono la materia, simulano tensioni ma non ne sono artefici: verità e finzione si confondono. Un interrogativo sulla conoscenza sembra inevitabile perché una nuova esperienza di visione ci propone nuove certezze”. (Coppeta)
Costellazioni deserte
Moduli di metacrilato colorato in un caldo color terracotta, vengono disposti a terra quasi a formare un paesaggio: contengono anch’essi gocce di piogge sintetiche trasparenti e sul muro si inerpicano soltanto le gocce liberatesi di ogni contatto terreno si estendono all’infinito di questo paesaggio ignoto e irreale.
Dalla terra allo spazio infinito: la terra non è altro che un ingranaggio nell’immensità dell’universo.
Dal terreno al divino o dal conosciuto all’ignoto: il senso di universalità dell’esistenza.
VANITY
La potremmo chiamare anche GOLD: una serie di cerchi concentrici stilati da raggio laser su supporto di PVC e al centro una goccia di materiale sintetico che appare come un sasso lanciato in uno stagno.
La città come vuole apparire al visitatore distratto e superficiale; o forse “il lato buono delle cose”; l’aspetto ludico, accattivante, glamour e perfino sfacciatamente sensuale che alcune città presentano al viaggiatore. Cosa c’è dietro la facciata dorata e piacente della città? I cerchi concentrici si vanno a restringere verso un elemento di sintesi chimica, quindi verso un qualcosa di NON naturale, un qualcosa di falso potremmo affermare. Tipologia di rapporti e relazioni interpersonali? Può darsi; l’artista lascia aperto il campo all’interpretazione personale pur suggerendo mestamente che dietro la facciata vi è sempre una realtà differente.
Coppeta è un artista visionario : le sue opere sono scenografie teatrali ridotte in pochi centimetri di materia. Con esse si entra in un mondo di atmosfere irreali che pure tanto rappresentano la realtà.
Tutto il respiro di una città tra tensioni, strappi, flussi di tempo, di emozioni, di relazioni, soggetti a perenne trasformazione.
La città così descrive l’uomo, le sue passioni, le sue paure, le angosce e le emozioni: il continuo rincorrersi di storie, di pezzi di vita raccontati o taciuti, ma comunque vissuti.
La città è un substrato di pulsioni che si estrinsecano in azioni, in modificazioni di assetti preesistenti : di tutto questo noi non ci rendiamo neanche conto, tanto è l’enormità del gioco e del coinvolgimento in tale attività. Ineludibile, inconsapevole, trascinante, inaccessibile ad una comprensione più profonda, questo flusso inarrestabile di vita ci travolge quotidianamente e noi lo viviamo nella “normalità” delle nostre esistenze all’interno delle città.