IDENTITA’ TRANSITORIE
quasi d’un fiume che cercasse il mare
inesistente, in un immenso piano:
io ne seguiva il vano sussurrare,
sempre lo stesso, sempre più lontano.
…da Giovanni Pascoli: Ultimo sogno di Myricae
Il “fiume” rappresentato in questa mostra dei fotografi Americani Yuri Boyko e Claudio Santini è un fiume di umanità che si muove, si sposta fisicamente e facendo ciò inevitabilmente si trasforma e subisce sostanziali modifiche di carattere psicologico e morale.
Due visioni differenti della capacità umana di inventare ed inventarsi, di sopravvivere e modificarsi, di viaggiare, e di incontrarsi, di connettersi e di trasformarsi dal nomadico allo stanziale senza soluzione di continuità.
Per questo progetto per la stazione FFSS AV di Afragola Claudio Santini si è ispirato alle linee geometriche che fanno da sfondo ad autostrade, ponti e linee ferroviarie come “linee di connessione” tra elementi del reale quali luoghi e persone, mentre Yuri Boyko si è concentrato sulle persone che affollano le stazioni, che si muovono in un continuo apparente disordine che rispetta quell’ordine più vasto, direi cosmico, di corpi in movimento che determina sostanzialmente qualsiasi elemento dell’universo.
Partito dal dato concettuale degli “asintoti” come linee geometriche destinate a non incontrarsi mai se non all’infinito, Claudio Santini ha voluto cercare nell’arte, e solo in essa, il luogo di connessione degli asintoti: una trasposizione della realtà nella finzione artistica come luogo ove l’impossibile diventa possibile. Le sue fotografie centrate sull’elemento lineare come forza basilare destinata a spingere e sospingere un moto, rappresentano una danza: la danza degli asintoti che paradossalmente e idealmente si incontrano in un luogo che è anche il luogo dove illusoriamente tempo e spazio si uniscono.
Nella sua versione in bianco e nero dei binari, delle autostrade e dei ponti, Santini ha voluto porre l’accento su quelle linee geometriche e architettoniche che appartengono ad una realtà di congiungimento e di interscambio piuttosto che ad una di separazione e frattura. I ponti sui fiumi ad esempio, a cui anche Zaha Adid si è ispirata per la sua versione della stazione FFSS di Afragola, offrono una possibilità di superamento di una frattura, di una separazione (il fiume appunto), per accedere all’unificazione di opposte sponde.
E così le autostrade, le vie d’acqua, i binari dei treni, i ponti mettono la gente in relazione, sono vie di connessione: tutte “possibilità” di unione piuttosto che di separazione. Ed anche tutte forme lineari, percorsi longitudinali e linearità geometriche che l’artista ha voluto rimarcare attraverso le sue fotografie denudate da rappresentazioni del reale.
Le curve degli asintoti nella realtà fotografica e nell’illusione artistica di Santini si uniscono non più all’infinito, ma nella nostra realtà quotidiana in un messaggio di unione tra popoli e culture che ben si attaglia al ruolo e al concetto di stazione ferroviaria come luogo di passaggio, di arrivo e di partenza e comunque di movimentazione di umanità. Un luogo che ineluttabilmente è destinato a creare interscambio di culture, di abitudini, di linguaggio tra i popoli.
E qui subito “risponde” l’opera di Yuri Boyko tutta centrata su quelle espressioni dei volti di “passeggeri” ideali di un altrettanto ideale viaggio nell’universo e nella vita.
Cosa compie l’essere umano dall’inizio della sua esistenza se non un viaggio attraverso un mondo che non è personale ma universale: elemento infinitesimale di un infinito reale ed ideale?
Boyko umanizza questo tutto rendendolo affabile attraverso l’esplorazione di questi volti e questi corpi che durante il loro percorso di viaggio subiscono modifiche, si trasformano: e non è solo la trasformazione che il Tempo opera sul Corpo, bensì quella trasformazione inevitabile e più “umana” data dall’interscambio di culture, di esperienze, di dolore e di vita che ogni essere umano procura all’altro venendone a contatto.
Transience è quella inevitabile, irripetibile e benefica trasformazione culturale, morale e psicologica che ogni essere umano subisce quando incontra l’altro essere umano perché ognuno di noi nella sua unicità, e nella unicità della propria identità trasmette qualcosa all’altro ad ogni istante in cui ne viene a contatto.
E quindi il “vano sussurrare” pascoliano diventa qui invece un concreto, reale e proficuo sussurrare di gente, di umanità in movimento che si connette e si trasforma.